giovedì 19 gennaio 2012

Irlanda 2011


07/08/11

Primo giorno, arrivo a Dublino con volo Aer Lingus nel pomeriggio. Usciti dall'aeroporto troviamo il bus Airlink in partenza, compriamo i biglietti (andata e ritorno) da una ragazza presso la fermata e saliamo subito a bordo. Dopo un lungo tunnel siamo in citta' ma dobbiamo aspettare una delle ultime fermate per scendere, infatti il nostro albergo, il Paramount Hotel, si trova ai margini di Temple Bar, vicino a Christ Church. Il tragitto a piedi per fortuna e' breve, non abbiamo difficolta' ad individuare la zona giusta, peraltro veniamo aiutati da un passante che spontaneamente ci indica l'ingresso (prima testimonianza della proverbiale gentilezza irlandese). La camera ci appare comoda e pulita, ci affrettiamo pero' ad uscire perche' e' forte la voglia di esplorare la citta'.
Visitiamo Temple Bar e siamo incantati dall'atmosfera frizzante che si respira. Un gruppo di simpatici musicisti si esibisce per strada cantando e ballando, mentre iniziamo a fare conoscenza con la pioggia, che sara' una protagonista quasi costante della nostra vacanza (purtroppo). Prendiamo lo stretto passaggio per Half Penny Bridge, percorriamo il ponte e ci ritroviamo sull'altra sponda del Liffey. Da qui, proseguendo lungo il fiume, ci dirigiamo verso O'Connolly Bridge, dove lo sguardo spazia in tutte le direzioni catturando ampie visuali della citta'. A nord O'Connolly Street e' dominata dall'imponente Spire of Light, a est si intravede la famosa Custom House. Ci spostiamo verso sud dove troviamo la Bank of Ireland e l'ingresso del Trinity College che visiteremo il giorno seguente. E' gia' tempo di curiosare nei primi negozi, attivita' particolarmente piacevole se svolta in Irlanda, data la varieta' e la bellezza di oggetti ed indumenti che vengono proposti al turista. L'acquisto di una felpa, ovviamente verde, e con appariscente scritta “Ireland Republic”, si dimostrera' una scelta utile: il comodo cappuccio mi proteggera' dalla pioggia fino al termine della vacanza. Per cena optiamo per un pub-ristorante a Temple Bar Square: Irish Stew accompagnato dalla prima di una lunga serie di pinte di Guinness che berro' durante la permanenza irlandese. Dopo cena giro per pub: le strade sono sempre piu' affollate di turisti e non solo. Gli improvvisati musicisti di prima continuano ad esibirsi, ma in un posto differente. Dentro il Temple Bar, il locale che si chiama come il quartiere (o e' il quartiere che si chiama come il pub?), troviamo talmente tanta gente che e' difficile muoversi, ancora piu' complicato ritagliarsi uno spazio per degustare una birra. Ma ci riusciamo, mentre nella sala accanto un gruppo di musicisti sta chiudendo il proprio concerto intonando “Whiskey in the Jar”. Torniamo in albergo con tanta allegria addosso, progettando il programma di cose da vedere e da fare per l'indomani.

Dublin - Liffey River

08/08/11

Si inizia presto la giornata, che sara' molto intensa (per visitare le principali attrattive del centro di Dublino si useranno solo i piedi, niente autobus). Da Parliament Street avanziamo verso la vicina City Hall. Poco dietro si intravede il Dublin Castle, che comunque decidiamo di non visitare. Continuiamo infatti sull'arteria principale in direzione centro. Poco dopo svoltiamo a destra e raggiungiamo la George's Street Arcade, una galleria con negozi, bancarelle e punti di ristoro. Stranamente molti esercizi sono chiusi e la gente in giro e' davvero poca, come se Dublino, in questo lunedi' mattina, ancora non fosse sveglia. Per fortuna troviamo aperto Honest to Godness, uno dei posti dove si mangia meglio a Dublino (tale fama ci viene ricordata da un cartello appeso alla vetrina del negozio). Il locale e' piccolo e semplice, pochi tavoli che si riempiono in fretta. Qui assaggiamo la nostra prima Irish Breakfast, colazione super abbondante che si compone di: 2 salsicce, 2 fette di bacon, 1/2 pomodoro, uova strapazzate o al tegamino, 1 black pudding e 1 white pudding! Questa colazione si ripetera' spesso nel corso della vacanza. Essendo offerta in pratica da ogni b&b d'Irlanda, compresa ovviamente nel prezzo dell'alloggio, e' un buon mezzo per riempirsi lo stomaco e saltare il pranzo (o al limite sostituirlo con uno spuntino leggero), in questo modo risparmiando. Percorriamo la galleria ed usciamo dal lato apposto. Una breve strada ci separa dal Powerscourt Townhouse, un centro commerciale dall'atmosfera retro', particolarmente scenografico. E' solo una tappa di passaggio, proseguiamo immergendoci nel cuore di Dublino, dove le strade separano file di abitazioni il cui aspetto comincia a diventarci sempre piu' familiare (piuttosto basse, spesso di colore rosso, con larghe finestre e caratteristici comignoli). Scattiamo una divertente foto con un leprechaun in carne ed ossa, proprio davanti la statua di Molly Malone, ed eccoci finalmente al Trinity College. Varchiamo il maestoso ingresso e siamo nella piazza principale, arricchita al centro da un alto campanile. Dopo una breve sosta passiamo accanto la moderna Reading Room e ci avviciniamo alla Old Library dove e' custodito il noto Book of Kells. La fila per entrare pero' e' lunga e sembra scorrere lentamente, decidiamo di rinunciare. Un giorno e mezzo e' un tempo adeguato per visitare Dublino ma non abbondante, delle rinunce sono state necessarie.
Intenzionati ad attraversare l'intero college ci indirizziamo verso la Berkeley Library, e vediamo che l'antistante sfera di Pomodoro e' curiosamente inscatolata per lavori in corso. Passeggiamo tranquillamente per il parco del college ed usciamo quindi presso Lincoln Place. Da qui Merrion Square non e' troppo lontana, pochi minuti ad arriviamo: le case che si affacciano sulla piazza sono notevoli esempi di architettura georgiana. La piazza in se' e' un parco con fitta vegetazione, ci concentriamo pero' sull'angolo nord-ovest, dove si trova la statua di Oscar Wilde, estremamente realistica. E' stato piacevole leggere in inglese i celebri aforismi che conosciamo nella nostra lingua ("I can resist everything but temptation"). Riprendiamo il nostro giro e, nell'ordine, dall'esterno osserviamo: la Galleria Nazionale, gli Uffici Governativi, l'O'Donoghue's Pub (conosciuto anche perche' e' stato il luogo in cui i Dubliners iniziarono a suonare). A questo punto siamo giunti a St Stephen's Green, il parco cittadino piu' importante di Dublino. E' ora di pranzo e le panchine sono piene di dublinesi in pausa lavoro, che mangiano e come noi si rilassano guardando il laghetto ed i prati fioriti. A pochi passi dall'uscita del parco troviamo il St Stephen's Green Shopping Centre, impossibile non notarlo. Da qui inizia Grafton Street che, a parte la zona di Temple Bar, e' la via piu' animata di Dublino (e in assoluto quella piu' ricca di negozi). La percorriamo tutta, verso nord, fino a raggiungere, di nuovo, l'area davanti l'ingresso principale del Trinity College.
Il tempo stringe e, a malincuore, lasciamo il centro perche' abbiamo in programma di visitare la Guinness Storehouse (avevamo acquistato i biglietti online da casa). Si pone il problema di capire il numero di autobus che fa al nostro caso, e non e' semplice perche' le informazioni presso le fermate non sono chiare, inoltre non esiste una mappa delle linee (come confermato dall'ufficio turistico interpellato). Con un po' di intuito individuiamo una fermata secondo noi probabile, poi chiediamo conferma ad una ragazza li' in attesa che ci incoraggia a salire sull'autobus che sarebbe presto arrivato. Scendiamo a St James's Gate e subito il complesso industriale dedicato alla produzione della Guinness ci appare come una citta' a se' stante. Attraversiamo grigie strade fra fabbricati imponenti ma malinconici. Intorno pochi rumori, mi colpisce soprattutto il deciso odore di malto tostato che e' nell'aria. La Guinness Storehouse e' una costruzione alta sette piani che accoglie il visitatore con lo scopo di fargli conoscere storia e processo produttivo della Guinness, compresi aneddoti e curiosita' varie. Un'audioguida, gratuita, disponibile in molte lingue, fornisce spiegazioni su cio' che si vede e sul percorso da seguire. I primi piani servono ad illustrare ingredienti e processi. In realta' non viene svelato nessun segreto, si tratta di tecniche e materie prime comuni a tutte le tipologie di birre! Salendo, le tematiche affrontate spaziano dalla campagne pubblicitarie, alla commercializzazione ed al trasporto. Ma e' l'ultimo piano ad offrire il meglio, il Gravity Bar permette una visuale panoramica a 360º (quasi) su Dublino e dintorni (si possono vedere, ad esempio, da un lato le Wicklow Mountains, dall'altro il Phoenix Park). Il biglietto comprende una pinta di Guinness (ovviamente), che puo' essere degustata al Gravity Bar. In alternativa, al penultimo piano, e' concesso di partecipare ad un breve corso che spiega come spillare la pinta perfetta. Scegliamo questa opzione e ne rimaniamo soddisfatti, e' appagante sorseggiare una birra spillata con le proprie mani!
Lasciamo St James's Gate leggermente euforici per l'alcol ingerito e prendiamo l'autobus per il ritorno in centro. Ci fermiamo pero' prima a Christ Church, perche' abbiamo intenzione di fare una deviazione a piedi verso la Saint Patrick's Cathedral, anche se oramai e' tardi per visitarne l'interno. Ammiriamo la cattedrale da una panchina del parco adiacente e stabiliamo che e' l'edificio monumentale piu' bello di Dublino, almeno per noi! Torniamo un attimo in albergo, poi la cena di nuovo a Temple Bar, in un ristorante che propone la stravagante accoppiata cucina italiana e messicana. Finito di cenare ci accorgiamo di essere stanchi, inoltre e' molto freddo, per cui salutiamo definitivamente Temple Bar, corriamo al Paramount Hotel e ci infiliamo nel letto. Mentre mi addormento penso che sono soddisfatto per le cose che ho visto e, fra cio' che e' rimasto fuori, se dovessi tornare a Dublino darei precedenza all'area dei Docklands (vista di passaggio dall'Airlink) e ad almeno uno dei due monumenti sportivi irlandesi, il Croke Park e l'Aviva Stadium.

Dublin - Temple Bar

09/08/11

Abbandoniamo Dublino per iniziare la parte di viaggio itinerante. Al banco della Hertz, all'aeroporto, chiediamo di pagare una serie di extra che faranno lievitare il costo totale del noleggio: secondo guidatore, copertura danni personali e annullamento franchigia. Disorienta la mancanza di chiarezza della ricevuta, in pochi secondi e' impossibile riuscire a distinguere le varie voci, tutto (cifre lorde e nette) e' mescolato e confuso, mi sarei aspettato almeno che la quota aggiuntiva fosse separata dalla quota base gia' pagata al momento della prenotazione online, e invece non lo era. Un po' frastornati dal totale salato (fra l'altro il conto addebitava anche il pieno di carburante) scendiamo al parcheggio per prendere in consegna l'automobile, una Peuget 308 diesel che si rivelera' alla fine una buona macchina per le nostre esigenze (elevato comfort, consumi ridotti, molto spaziosa). Con il senno di poi, certo, cercherei di risparmiare qualcosa. Era stata scelta una macchina di segmento C sapendo che avremmo portato bagagli ingombranti. L'esperienza ha poi dimostrato che i bagagli erano esagerati, una macchina piu' piccola (tipo Fiesta o Corsa per intenderci) accoglie facilmente bagagli normali e viene a costare di meno.
Saliamo a bordo, mi propongo come primo guidatore. Il posto di guida a destra non mi sconvolge piu' di tanto, mi abituo rapidamente. Ero preoccupato all'idea di dover cambiare con la mano sinistra, devo pero' dire che i movimenti vengono naturali (anche se l'inserimento della seconda marcia, non so perche', e' stato spesso problematico). Guidare sul lato sinistro della strada e' pure abbastanza semplice, piu' di quanto si pensi. L'unico sforzo, specialmente il primo giorno, e' quello di rimanere concentrati per ricordare la giusta corsia da imboccare (ad esempio quando si riparte da una sosta per immettersi in una strada deserta). Riguardo incroci, sorpassi e precedenze non si e' mai verificato nulla che potesse farmi sbagliare. C'e' da dire che, partendo dall'aeroporto di Dublino, si ha l'opportunita' di fare i primi km in autostrada e cio' consente di prendere confidenza tranquillamente con la macchina ed il diverso tipo di guida. Ad andatura costante, senza mai cambiare corsia, percorriamo parte della M50, l'autostrada che si sviluppa ad anello intorno a Dublino, per poi svoltare verso l'autostrada M4, direzione Athlone. Il traffico, finche' si rimane in prossimita' della capitale, e' intenso ma mai caotico, poi si dirada sensibilmente. Il viaggio lungo la M4 non e' affatto panoramico, la sguardo si sofferma piu' sui cartelli, alla scoperta dei nomi delle citta', che sui paesaggi. Brevi informazioni a proposito del pagamento dei pedaggi: la M50 e' dotata di un occhio elettronico che fotografa le macchine in transito, il numero di passaggi e' trasmesso alla Hertz che aggiunge la cifra da pagare al totale del suo conto; la M4 presenta invece una casello standard, situato non all'inizio ne' alla fine ma in un punto intermedio che non saprei collocare.
I km scorrono velocemente, la tappa intermedia della giornata e' il celebre sito monastico di Cloncmanoise, per cui usciamo dall'autostrada prima che Athlone sia raggiunta. I cartelli indicanti Cloncmanoise non sono sufficienti e ci perdiamo subito. Senza pensarci un attimo decidiamo di tirare fuori il navigatore portato da casa, sara' uno strumento indispensabile d'ora in poi (e' vero che perdersi ha un suo lato romantico, d'altra parte il tempo speso su destinationi non desiderate e' tempo in meno che viene dedicato alle cose che piu' interessano). Attraversiamo una campagna scarsamente popolata, gustandoci il nostro primo verde irlandese, fino a raggiungere l'antico complesso monastico. Cloncmanoise e' affascinante, ed anche meno "turistica" di come potevo immaginare. La disposizione equilibrata di croci celtiche, chiese e torri circolari crea vedute che sembrano sospese nel tempo. La presenza del fiume Shannon, poco distante, rende il tutto ancora piu' piacevole. La spiegazione della storia del sito e dei suoi momumenti e' affidata a delle guide che svolgono il loro servizio gratuitamente. Il signore che ci ha accompagnato nella visita era particolarmente simpatico, parlava un inglese comprensibile e sapeva raccontare le cose in modo ironico. Probabilmente non tutte le guide di Cloncmanoise hanno tali peculiarita', vale comunque la pena provare ad avvicinarsi ed ascoltare (se non altro scoprirete tanti segreti che nelle guide cartacee non vengono svelati).
Poiche' ci avanza del tempo, decidiamo di allungare leggermente il nostro tragitto per arrivare a Shannonbridge, posto di cui avevamo letto molto bene. Troviamo che in effetti il piccolo paese e' carino e accogliente, ed il ponte a numerose campate e' l'elemento piu' rappresentativo. Ci fermiamo sul molo per avere una visuale migliore sul ponte. Abbiamo la percezione di un procedere lento del tempo e, come in una atmosfera ovattata e sognante, vediamo un paio di lavoratori alle prese con un'imbarcazione e una giovane madre che accompagna i suoi tre figli: la loro serenita' ci contagia. Di nuovo in macchina, percorriamo in senso inverso la strada fatta prima, dirigendoci verso Athlone. In un quartiere periferico della citta' troviamo il nostro alloggio, lo Shelmalier House (vicino all'autostrada e quindi comodo per ripartire il giorno seguente). E' un b&b molto curato e dal bello aspetto. Nel salotto al pianterreno ci si puo' accomodare e, attraverso l'ampia finestra, vedere la pioggia fine che cade sul giardino. Per cena ci spostiamo verso il centro, intenzionati anche a dare un'occhiata ad Athlone. Sebbene sia fuori dai circuiti turistici piu' comuni, Athlone non appare affatto anonima, anzi presenta molte cose interessanti: un castello ai cui piedi si trovano numerosi pub (uno di questi vanta di essere il piu' antico di Irlanda), una chiesa svettante, un ponte sullo Shannon (che taglia in due l'abitato), molti locali di vario tipo (anche se quella sera la maggiorparte era chiusa, a dire il vero). Poca gente in giro, vediamo che molti si rifugiano presso l'Olive's Bar e noi facciamo lo stesso (mangiamo qui per la prima volta il saporito salmone irlandese).

Cloncmanoise

10/08/11

Seconda tappa del nostro percorso sulle strade irlandesi, sara' quella chilometricamente piu' lunga. Lasciata Athlone, facciamo presto la prima fermata a Roscommon, che visitiamo comunque in modo sbrigativo, senza scendere dalla macchina. Diamo uno sguardo alla piazza centrale, alla ricerca delle tristi prigioni di Lady Betty, e poi, nella periferia nord della citta', al castello in rovina. Se non approfondiamo la conoscenza di Roscommon e' soprattutto per il tempo pessimo (non e' freddo ma piove intensamente) anche se, con un clima migliore, forse non ci saremmo trattenuti molto di piu'. Purtroppo la pioggia sara' presente costantemente per l'intera giornata, e pure per le due giornate successive, condizionando negativamente il nostro viaggio. Mi immaginavo di trovare in Irlanda quel clima che un po' tutti descrivono, un alternarsi di frequenti piogge e schiarite. Sara' stata la sfortuna ma cio' che in realta' ho trovato (per 5 giorni su 9 in totale) e' stata una pioggia incessante, quasi invernale. E la principale scocciatura non e' stata quella di dover limitare necessariamente gli spostamenti a piedi (pur inzuppandosi bene o male ci si muoveva), ma di avere spesso la visuale rovinata da nuvoloni di nebbia a bassa quota. In pratica avevamo un orizzonte ridotto che ci impediva di vedere al meglio le meraviglie paesaggistiche che ci circondavano. Sia chiaro, nulla di tragico, ben presto ci si e' resi consapevoli, serenamente, che l'Irlanda e' anche questo (e va detto inoltre che l'atmosfera grigia e umida rendeva piu' romantici certi paesaggi).
Tornando al racconto del viaggio, abbandonata Roscommon continuiamo a seguire la direzione ovest. Per un certo tratto avanziamo casualmente, attraversiamo campagne e paesini sperduti, esplorando un'Irlanda diversa da quella solitamente illustrata in cartolina. Facciamo sosta raramente, in un mini-market qualunque per comprare un caffe' take-away, oppure davanti una chiesa che cattura piu' di altre la nostra attenzione. Non c'e' molto da vedere, ma la sensazione di essere "on the road", in posti cosi' lontani da casa e cosi' diversamente popolati, e' inebriante (ci sentiamo liberi come non mai). Williamstown e Claremorris sono solo due dei vari paesi che incrociamo, nessuna guida turistica li consigliera' mai, eppure noi, in segno di gratitudine per la loro simpatia, cercheremo di ricordarli finche' potremo. Partiti dalla contea di Westmeath, e passati per la contea di Roscommon, giungiamo quindi presso la contea di Mayo. Qui il paesaggio sembra diventare piu' interessante. Lo dimostra ad esempio Newport, centro piccolo ma grazioso, riconoscibile quando si entra dalle ampie arcate del ponte su cui un tempo passava una linea ferroviaria ormai abbandonata. Siamo vicini all'oceano ma ancora non possiamo vederlo. La strada, tortuosa, ci sta conducendo verso Achill Island, che rappresentera' l'estremita' piu' settentrionale del nostro percorso irlandese. Achill Island, fra le tante isole in Irlanda, e' quella piu' grande. E' collegata alla terraferma da un brevissimo ponte di cui e' difficile accorgersi se si viaggia distrattamente (chi non e' informato puo' ritrovarsi su un'isola senza saperlo). Nonostante il clima avverso il fascino di Achill Island si mostra ai nostri occhi. E' qui che osserviamo le prime brughiere, i primi tappeti erbosi animati da pecore al pascolo, i primi splendidi squarci di oceano. Evitiamo a malincuore l'Atlantic Drive, la strada costiera panoramica, in quanto avremmo allungato con il rischio di non potercela godere completamente, dato il cattivo tempo. La strada principale ci porta ad Achill Sound, il centro piu' importante dell'isola, poche case ma abbastanza negozi e locali, tutto sommato. Il via vai di isolani e di turisti di passaggio contribuisce a dargli un'aria frizzante. Dopo una sosta ristoratrice procediamo poco oltre fino a raggiungere Keel, dove si trova una spiaggia molto apprezzata, in particolare dagli amanti del surf. Qualche surfista in effetti si sta avventurando sulle onde, ma la maggioranza dei villeggianti e' al riparo nei camper parcheggiati tutto intorno. Passeggiamo sulla spiaggia, ma non e' semplice, raffiche di vento vorrebbero spazzarci via. Decidiamo di tornare indietro, rinunciando a visitare l'estremita' piu' occidentale dell'isola. Percorriamo alla rovescia parte del tratto di prima, poi invece di girare per Castelbar andiamo dritti verso Westport, la meta finale della giornata. Lasciamo i bagagli presso il Knockranny Lodge Guesthouse, un alloggio di cui non possiamo che parlare bene, con camere spaziose e pulite, posizionato appena fuori il centro cittadino. Per cena cerchiamo un posto dove mangiare pesce presso il molo di Westport Quay. Una lunga fila di alberghi e ristoranti si affaccia su un'insenatura marina circondata da verde. Poco distante vediamo la Westport House, la maggiore attrazione turistica di Westport, che pero' non possiamo visitare data l'ora tarda. Scegliamo il locale che ci attira di piu', un ristorante-pub affollato di gente del posto. L'atmosfera e' allegra e rilassata, ci sentiamo a nostro agio mentre mangiamo il nostro filetto di pesce al tegame. Dopo cena visitiamo finalmente il centro di Westport, una citta' un po' anomala per essere irlandese: adagiata su una pendenza lungo la quale si dirama un groviglio di strade, e' molto curata in tutti i dettagli (c'e' chi la definisce piu' inglese che irlandese!). Il viale alberato accanto al fiume, le due piazze, la strada principale, costituiscono il nucleo piu' centrale. Non facciamo fatica ad individuare il Matt Molloy's Pub che, straripante di gente, ci accoglie con il suo calore. Il proprietario del pub e' uno dei piu' celebri flautisti irlandesi, membro degli altrettanto noti Chieftains. La gente chiacchiera appassionatamente sorseggiando una birra. Ci sistemiamo in un angolo con le nostre Guinness curiosando su tutto cio' che ci accade intorno.

Westport

11/08/11

Da Westport prendiamo verso sud, pochi chilometri e siamo a Murrisk, ai piedi del Croagh Patrick, il monte sacro dove San Patrizio fra l'altro fece il miracolo di cacciare tutti i serpenti dall'isola irlandese. Lasciamo la macchina nel parcheggio del visitor center dove, all'inizio del sentiero che si arrampica sulla montagna, e' collocato un negozio in cui, oltre comprare souvenir, e' possibile ottenere anche informazioni sulla geografia del sito. Ogni anno una folla di pellegrini da Murrisk sale sulla vetta guadagnandosi un'indulgenza, noi ci limitiamo a percorrere il primo tratto, un dislivello di pochi metri fino a raggiungere la statua del santo (e ringraziamo chi ha deciso di posizionarla cosi' vicino...). Una foto in compagnia di San Patrizio e' d'obbligo, ci soffermiamo quindi ad ammirare la Clew Bay (il punto e' soprendentemente panoramico, considerata la brevita' della salita): il tempo e' inclemente anche oggi, nonostante cio' la baia disseminata di isole e golfi e' ben visibile. Ci rimettiamo in cammino giungendo a Louisburgh, da qui percorriamo la strada fino
a Delphi. La Louisburgh Valley che abbiamo di fronte i nostri occhi e' incredibilmente bella, alla fine della vacanza si potra' giudicare come la miglior sorpresa. Poco conosciuta e poco discussa (non ne sapevo praticamente nulla prima) e' in realta' uno scenario mozzafiato. La prima parte richiama il Connemara anticipandone i terreni e le vegetazioni. La seconda e' ancora piu' suggestiva: la strada costeggia uno specchio d'acqua (Doo Lough il suo nome, scopro ora vedendo sulla cartina) stretto fra due alte montagne (ambientazione quasi alpina, in pratica). In piu' punti l'acqua piovana si raccoglie in torrenti che solcano le montagne, la strada tortuosa offre scorci diversi in ogni curva. Nel bel mezzo del percorso, su un lato della strada, notiamo un monumento (una sorta di lapide) intitolato alle vittime della Grande Carestia ottocentesca (un gruppo di contadini, alla ricerca disperata del cibo, perse la vita nei pressi del luogo).
Passiamo Delphi, dove l'emissario del lago prima incontrato, espandendosi su un secondo lago piu' piccolo, attrae l'interesse dei pescatori. Ancora piu' avanti e cominciamo ad intravedere l'unico fiordo irlandese, siamo al confine fra la contea di Mayo e quella di Galway. In corrispondenza del vertice del fiordo possiamo osservare delle cascate (Aasleagh Falls), non certo alte ma pur sempre coreografiche. Proseguiamo sul lato meridionale, continuando a seguire il profilo della costa e attraversando il centro abitato di Leenane. Un cartello ci avvisa che stiamo entrando nel Connemara. Una lunga strada alberata ci conduce verso il lago di Kylemore, dove sorge la famosa abbazia che decidiamo di visitare. Dalla folla di turisti presente abbiamo la conferma di trovarci in una delle attrazioni irlandesi piu' pubblicizzate. L'edificio, una specie di castello in stile neogotico, fu costruito nella seconda meta' dell'Ottocento come residenza privata (divenne abbazia in un'epoca successiva). Come gli altri turisti restiamo incantanti dalla visuale del castello che si riflette sul lago. D'altra parte la visita nei locali interni ci delude non poco. Nonostante il biglietto di ingresso comprenda anche l'accesso ai giardini vittoriani, anche questi non ci entusiasmano granche': concludiamo che la spesa del biglietto poteva essere evitata (l'osservazione dall'esterno, gratuita, sarebbe stata piu' che sufficiente per apprezzare la bellezza del posto). Riprendiamo la nostra strada ed in pochi minuti siamo a Letterfrack, un piccolo agglomerato di case che sembra fatto apposta per accogliere il turista di passaggio nel Connemara. Ci ristoriamo in una caffetteria-panetteria gestita da un gruppo di indaffarati ragazzi. Dopo un tortino al salmone ed un caffe' mi sento pronto ad affrontare la prossima visita: il Parco Nazionale del Connemara, il cui visitor center sorge poco piu' a sud di Letterfrack. Ci viene spiegato che esistono tre sentieri, di diverso grado di difficolta'. Questi sentieri si estendono attraverso boschi e torbiere nel cuore del Connemara, dando la possibilita' al visitatore di conoscere la flora e la fauna locali. Il piu' lungo si arrampica fino alla Diamond Hill, una delle tante cime che caratterizzano il paesaggio del Connemara (Twelve Bens e' il nome del gruppo montuoso piu' noto). Causa pioggia ci accontentiamo di esplorare l'area boscosa intorno al laghetto del visitor center e di percorrere un breve tratto del sentiero 'giallo' (quello piu' corto).
Lasciamo il parco e attraversiamo spazi ampi e desolati, stando sempre attenti alla guida (la strada e' stretta ed il traffico intenso in questo punto). Prima di arrivare a Clifden facciamo una sosta in un negozio di abbigliamento, isolato e facilmente riconoscibile, dove troviamo un grande assortimento di capi di lana fatti a mano (incontreremo di nuovo la lana irlandese sulle isole Aaran). Clifden, definita la capitale del Connemara, e' la citta' in cui passeremo la notte. Ha due strade principali (Main Street e Market Street) fitte di negozi e pub, una piazza, due chiese alle due estremita' opposte, i cui campanili svettano da lontano. Non troviamo subito The Arch Guesthouse, perche' non si affaccia sulla strada ma e' in posizione arretrata (raggiungibile attraverso un arco pedonale). Da fuori si presenta peggio rispetto a tutti gli altri b&b in cui siamo stati in Irlanda, anche le camere sono piuttosto spartane. Comunque e' pulito e ordinato e gli spazi comuni ben arredati. La colazione si dimostrera' poi di ottimo livello. Vediamo che Clifden e' molto animata, tutti gli alloggi appaiono pieni, la sua posizione centrale nel Connemara ne favorisce la scelta come tappa di sosta. Dei tanti locali pero' solo due sembrano particolarmente frenetici, e fra questi solo uno offre musica dal vivo. Sbagliando scegliamo quello senza musica (E.J. King's, un pub su piu' piani, proprio sulla piazza). Peccato per l'assenza di musica, la cucina pero' ci soddisfa pienamente, consiglierei a tutti la zuppa di frutti di mare (seafood chowder) e lo spezzatino alla Guinness con patate (beef in Guinness) che ho gustato in questo pub.

Kylemore Abbey

12/08/11

La giornata si apre alla grande, facciamo la Sky Road, la strada panoramica che, partendo dalla piazza di Clifden, forma un anello di 12 km tutto intorno una piccola penisola. La parte iniziale, in posizione piu' elevata rispetto al mare, offre una visuale piu' 'aperta'. Poi la strada scende e svolta per invertire il suo percorso. L'ultimo tratto affianca una insenatura dove il mare e' finalmente vicino. Data la mancanza di spazi ai lati della strada, ci si ferma meno di quanto si vorrebbe, completiamo l'anello che sembra un attimo, le immagini che catturiamo, rapide a scorrere quasi fossero dei fotogrammi di un film, si imprimeranno pero' saldamente nella nostra memoria. Lasciata definitivamente Clifden procediamo verso sud, e scopriamo un'area molto interessante, il tratto costiero fino a Roundstone, a nostro giudizio uno dei paesaggi piu' caratteristici fra quelli da noi visti nel Connemara. Insieme a muretti a secco e prati verdi, lungo la strada incontriamo magnifiche spiagge bianche che, se non fosse per il clima per nulla tropicale, potrebbero far credere al visitatore di trovarsi ai Caraibi. Roundstone e' un minuscolo villaggio sul mare in cui si contano piu' barche che abitazioni. Ha un'atmosfera familiare e vivace. Pur non avendo niente di particolarmente bello chiunque potra' trovare delizioso sorseggiare una tazza di caffe' ammirando il porto e la vasta Galway Bay alle sue spalle. Continuiamo lungo la costa ma l'incanto del Connemara piano piano svanisce, il paesaggio cambia forme, soprattutto si fa meno colorato. Passiamo Recess e poi ci dirigiamo verso l'entroterra, non rimaniamo comunque delusi: attraversiamo una vasta brughiera arricchita da laghi, nei punti piu' isolati si ha la sensazione di trovarsi in mezzo ad un deserto.
Presso Oughterard, il successivo centro abitato, il paesaggio diventa ordinario e si ha la certezza di essere usciti una volta per tutte dal Connemara. Poco prima di entrare nel paese facciamo una sosta presso il ponte immortalato in “The Quiet Man”, un film hollywoodiano degli anni '50, girato nella zona, di cui gli irlandesi sembra vadano molto orgogliosi. Oughterard e' trafficato e grande rispetto alla media dei tanti paesi irlandesi di campagna. Ci sono molti negozi e numerosi servizi per i turisti. Di passaggio notiamo un cottage con il tetto di paglia, un elemento che ricorre spesso nelle immagini da cartolina. Non ci fermiamo perche' siamo interessati a raggiungere il lago Corrib nelle vicinanze, uno dei laghi piu' grandi d'Irlanda. Percorriamo il breve spazio che ci separa alla sponda piu' vicina, dove sono ormeggiate alcune barche. Abbiamo qui una panoramica abbastanza ampia del lago, rovinata purtroppo dalla solita pioggia. Peculiarita' del lago Corrib (oltre quella di richiamare folle di pescatori) e' il fatto di essere punteggiato da una miriade di isolette (una di queste ospita un antico sito monastico): dal nostro punto di osservazione ne vediamo alcune. Passato Oughterard scegliamo di fare una piccola deviazione verso l'Aughnanure Castle, uno dei maggiori esempi di casa torre nell'Irlanda dell'ovest (e' risalente al secolo XVI). La struttura, massiccia ma elegante, e' ben conservata. Si trova in area verde molto ricca di vegetazione, con un sentiero che si sviluppa parallelamente ad un corso d'acqua (nei pressi notiamo anche lussureggianti campi da golf).
Avanziamo verso Galway e mano a mano vediamo che gli insediamenti abitati si infittiscono, cominciamo a percepire il traffico tipico da grande citta'. Una volta giunti a Salthill, il sobborgo periferico di Galway, cerchiamo di orientarci per trovare il Sunrise Lodge b&b dove pernotteremo due notti. Salthill e' molto estesa e ovunque uguale, anche in questo caso ci aiuta il navigatore per individuare la destinazione. Il b&b si affaccia sulla dritta strada litoranea, a due passi dalla spiaggia, peccato che la stanza che ci viene assegnata non abbia una finestra con vista sull'oceano. Giudicheremo la sistemazione accettabile, anche se non troppo soddisfacente come rapporto qualita' prezzo. Sistemati i bagagli proviamo a raggiungere il centro a piedi: la camminata fino al molo durera' circa quindici minuti. Attraversiamo il ponte proprio dove il fiume, il River Corrib, si getta nel mare. Ci spostiamo sulla destra, all'estremita' della piazza, per scrutare da vicino lo Spanish Arch, un doppio arco che un tempo era incorporato nelle mura cittadine, punto di accesso per i mercanti che provenivano dalla Spagna. Superato l'arco e lasciato alla sinistra il moderno museo civico, inizia un percorso pedonale che si protende verso il mare, preferiamo pero' tornare indietro per esplorare subito il cuore della citta', nella zona che circonda l'arteria principale formata dalle strade Shop Street e Williams Street. Avanzando lungo tali strade ci rendiamo conto della natura di Galway: una citta' vivace, giovane, piena di pub e locali dalle facciate colorate (tra l'altro e' facile trovare murales qua e la' negli angoli meno affollati). Anche i negozi non sono pochi, fra questi spiccano le oreficerie che vendono gli anelli Claddagh, anelli tradizionali di fidanzamento usati in origine da una tribu' locale. Circa alla fine di Shop Street non possiamo non notare l'edificio storicamente piu' importante, il Lynch's Castle, palazzo residenziale della famiglia Lynch, risalente al medioevo, abbondantemente decorato da sculture all'esterno. Proseguiamo in mezzo ad una folla enorme di gente fino a fermarci ad Eyre Square, piazza principale di Galway, luogo in cui convergono autobus ed automobili. Una meta' della piazza, contraddistinta dal Browne Doorway, il rudere della porta di un'antica dimora mercantile, e' una verde area pedonale. Torniamo sui nostri passi fino a prendere una traversa che ci conduce al Salmon Weir Bridge, punto dal quale e' possibile osservare sia la chiusa attraversata dai salmoni quando risalgono il fiume, che la recente cattedrale dalla cupola verde. Non visitiamo l'Universita', prima di ricongiungerci a Shop Street camminiamo a lato del fiume, poi scopriamo qualche vicolo meno frequentato. Sulla via principale scegliamo il Sonny's Pub per cenare: “cod and chips”, merluzzo fritto con patatine, piatto semplice ma sostanzioso, e birra chiara (perche' non si puo' bere sempre Guinness!). Il pub e' molto bello ma forse meno genuino rispetto ad altri (ha meno aria da vita vissuta), comunque si fa tardi e torniamo. Al buio e con la pioggia intensa ci smarriamo a Salthill, siamo costretti a fare della strada in piu' prima di trovare il nostro b&b. Arrivati in camera realizziamo di essere totalmente zuppi. Il sonno sapra' ristorarci.

Kinvara

13/08/11

Il tempo sembra volare, il viaggio si sta gia' avvicinando alla conclusione, gli ultimi giorni saranno pero' molto intensi, infatti il nostro itinerario lascia per ultimo alcune delle migliori attrattive irlandesi. La giornata di oggi e' dedicata alle isole Aaran, piu' precisamente a Inishmore, la piu' grande delle isole del noto arcipelago nella baia di Galway. Con la macchina ci spostiamo verso Rossaveal, da dove prenderemo il traghetto. Il tragitto e' interessante, la zona costiera ad ovest di Galway e' molto panoramica, specialmente nel tratto dopo Inverin. Arrivati a Rossaveal troviamo facilmente il porto. Lasciamo la macchina nel parcheggio a pagamento vicino al punto di imbarco (volendo risparmiare probabilmente si poteva trovare un posto gratuito non tanto piu' lontano). Compriamo i biglietti, per il viaggio di andata non dobbiamo aspettare molto, per il ritorno scegliamo il traghetto di meta' pomeriggio (ci eravamo informati sugli orari il giorno prima). Siamo fra i primi a salire, il traghetto, delle Aran Island Ferries, si riempira' poi velocemente. Insieme al nostro partira' subito dopo il traghetto di una seconda compagnia. La traversata dura in totale tre quarti d'ora e, se il mare e' agitato, come e' successo nel nostro caso, puo' causare un po' di fastidi. Escludendo i primi minuti, necessari per uscire dall'insenatura su cui si affaccia il porto di Rossaveal, dove il mare era tranquillo, il percorso a mare aperto e' stato parecchio movimentato: dai finestrini si vedevano le imponenti onde infrangersi. Chi non e' abituato puo' provare sensazioni leggermente spiacevoli.
Sbarchiamo a Kilronan, il centro principale di Inishmore. Subito ci rendiamo conto che tutto, nell'isola, ruota attorno al turista. I pochi abitanti oggi si guadagnano da vivere esclusivamente con il turismo, a differenza del passato quando l'isola era tagliata fuori dal resto del mondo e le uniche attivita' erano la pesca e l'agricoltura (peraltro questa resa difficile dalla natura rocciosa dei terreni). Bastano pochi passi per fare conoscenza di una schiera di autisti, ciascuno con il proprio pullmino, che cercano di vendere il tour dell'isola al turista appena sbarcato. Alcuni, invece del pullmino, hanno un calesse. Un po' indecisi cerchiamo qualche spunto nel centro informazioni, poi scegliamo il pullmino che ci sembrava stesse richiamando piu' gente: sarebbe partito prima degli altri. In effetti presto il tour ha inizio, e il tizio alla guida, un simpatico omone dall'aria placida, comincia a spiegare cio' che vediamo scorrere ai lati. La sua voce, dall'accento tutto particolare, quasi come una cantilena metallica si sofferma su ogni particolare mentre usciamo da Kilronan, dall'ufficio postale all'abitazione privata passando per il supermercato. In realta' non riesco a capire molto e preferisco quindi concentrarmi sul paesaggio. Cominciando a salire e mano a mano possiamo vedere porzioni piu' grandi dell'isola, in lontananza c'e' il mare, ancora piu' lontana e' la costa della contea di Galway dove siamo stati il giorno precedente. Su entrambi i lati della strada notiamo case sparse e isolate, gli appezzamenti di terreno sono delimitati anche qui dai classici muretti a secco. L'ambiente ci sembra inospitale e selvaggio, vivere sull'isola non deve mai essere stato facile, non lo e' sicuramente nemmeno ora. Si avverte, quasi inconsciamente, il peso dei secoli passati, il sudore del duro lavoro della gente che tenacemente ha scritto la storia di Inishmore, una storia fatta di orgoglio e di tradizioni.
Ad un certo punto, quando la pendenza della strada si e' gia' fatta piu' dolce, l'autista ci fa scendere nel mezzo di un minuscolo villaggio con un ristorante ed un paio di negozi. Riusciamo a capire che ripassera' a prenderci dopo due ore. Ci sembra tanto ma poi scopriremo che e' la giusta quantita' di tempo per visitare con tranquillita' il Dun Aengus, il forte preistorico che e' il simbolo per eccellenza di Inishmore. Dal villaggio infatti ci dobbiamo spostare a piedi verso la biglietteria che e' anche mostra illustrativa. Da qui sale un lungo percorso tortuoso verso l'altura dove e' collocato il forte. Il paesaggio, lastricato di roccia, e' simile a quello che troveremo il giorno successivo nel Burren. In effetti le isole Aaran sono dei tavolati calcarei che sembrano essersi staccati dalla vicina contea di Clare. Durante la salita la sagoma del forte in cima rimane il punto di riferimento, la meta da raggiungere. Finalmente arriviamo, ma per renderci conto della meraviglia del posto dobbiamo superare il primo anello. Il Dun Aengus e' formato da una serie di anelli concentrici di pietre che lo delimitano dal lato interno dell'isola. Dal lato esterno, invece, e' protetto naturalmente da un'impressionante scogliera a picco. Oltrepassato l'anello piu' interno, che e' anche quello piu' spesso, ci troviamo nell'area centrale, un piatto semicerchio verde che e' una splendida terrazza sull'oceano. Avvicinarsi al bordo, non protetto, con i capelli spazzati dal vento, fino a vedere il precipizio alto oltre 100 metri, e' un'esperienza emozionante e nello stesso tempo inquietante (ovviamente per ragioni di sicurezza e' consigliabile non avvicinarsi troppo). Il tratto di scogliera si estende abbondantemente oltre la larghezza del Dun Aengus e nel complesso non e' da meno come spettacolarita' alle celebri Cliffs of Moher. Torniamo al villaggio ed il pullmino passa a riprenderci con eccessivo ritardo. Il tour prosegue verso l'estremita' occidentale di Inishmore. Raggiunta questa si torna indietro attraverso una strada a livello piu' basso, fiancheggiante la costa. L'unica sosta che l'autista ci concede e' presso il sito delle Sette Chiese (Na Seacht dTeampaill). Pochi minuti per vedere le rovine di sette presunte chiese (in realta' alcune erano semplici abitazioni) con annesso cimitero. Si riparte a tutta velocita' e torniamo in poco tempo a Kilronan, da dove era partito il viaggio guidato. Almeno una seconda sosta presso la spiaggia (ci siamo passati accanto) sarebbe stata gradita. In conclusione mi sento di sconsigliare il tour con il pullmino, chi ha tempo e voglia di pedalare farebbe bene a preferire il noleggio di una bicicletta, che permette un'esplorazione piu' dettagliata e flessibile dell'isola (come e' evidente da quanto appena scritto, ad eccezione del Dun Aengus abbiamo visto tutto in modo sbrigativo dai finestrini del pullmino, i volantini che pubblicizzavano il tour ne comunicavano un'idea completamente differente). A Kilronan abbiamo il tempo per una breve passeggiata prima di imbarcarci sul traghetto per il ritorno. La traversata e' migliore rispetto a quella della mattina, ci sembra di raggiungere Rossaveal velocemente. Stranamente il tempo in questa giornata si mantiene bello, il sole ci ha accompagnato sulle isole Aaran e non vedremo una goccia di pioggia nemmeno la sera.
Riprendiamo la macchina e percorriamo in senso inverso la stessa strada dell'andata, e' ancora presto, decidiamo di non fermarci in albergo. Attraversiamo il centro di Galway, non semplicemente a causa del traffico. Dopo numerose svolte ed incroci troviamo una strada a quattro corsie che si dirige verso sud. Non e' litoranea come speravamo ma pazienza. Eravamo a conoscenza di una manifestazione a Kinvara che si sarebbe tenuta per tutti i giorni del weekend: Cruinniú na mBád, che in gaelico dovrebbe significare “festival delle barche”. La barche che vengono celebrate sono le Galway hookers, piccole imbarcazioni di colore nero che da secoli solcano la baia. Arriviamo a Kinvara, il villaggio e' piccolo e pure il suo porto, quindi anche la festa e' molto raccolta, ma frequentata ed animata tuttavia. Tranne nelle grandi citta' finora non avevamo mai visto tante gente tutta insieme nelle strade. Molta di questa e' posizionata sotto un palco dove una giovane band si sta esibendo. Noi ci muoviamo da una bancarella all'altra (io compro un'originale maglietta ricordo) dando un'occhiata alle barche (di ogni genere in realta') ormeggiate in fila. Ci sono anche vari stand alimentari e seduti su una panchina facciamo la cena meno sana della vacanza: hamburger e poi pancake come dolce. Prima che si faccia buio ripartiamo, non ci dimentichiamo pero' di visitare, sempre a Kinvara, il Dunguaire Castle, uno dei castelli (piu' precisamente una casa torre, protetta da mura difensive) piu' fotografati in Irlanda. E' tardi e non possiamo entrare. Forse si sta gia' tenendo il banchetto mediovale, con tanto di canti e poesie recitate, che si usa organizzare qui nelle sere d'estate. Quando torniamo a Galway e' sera inoltrata, scegliamo di andare ancora in centro, l'indomani lasceremo definitivamente la citta' e vogliamo scoprire un altro pub. Ci immergiamo nell'atmosfera del The Quays, un pub dall'aspetto poco tradizionale, con molti spazi su piu' livelli, scale, passaggi e balconi: sembra di stare su una vecchia nave dei pirati (a dire il vero ci sono pero' anche sale piu' intime e convenzionali). Provo un sidro alla pera (precisamente un Bulmers Cyder) perche' ne sono incuriosito, e' una bevanda leggermente alcolica che sembra molto amata fra gli irlandesi. Contento di averla assaggiata, devo dire pero' che io preferisco di gran lunga la birra. Un gruppo di musicisti sta allestendo gli strumenti, presto si esibira', ma noi siamo in giro dalla mattina e prendiamo la strada del Sunrise Lodge b&b (questa volta siamo con la macchina e abbiamo memorizzato la strada, il rientro in camera e' privo di imprevisti).

Inishmore

14/08/11

Iniziamo presto la giornata, con grande entusiasmo, oggi visiteremo Cliffs of Moher e Burren, due mete molto attese che arrivano quasi alla fine del viaggio. Domani infatti sara' una lunga tappa di spostamento, alla fine della quale torneremo a Dublino senza toccare posti particolarmente significativi. Lasciata Galway percorriamo il tratto gia' fatto nella giornata di ieri, direzione sud verso Kinvara. Superato il villaggio del “festival delle barche” arriviamo a Ballyvaughan, e siamo gia' nelle regione del Burren, nella sua estremita' settentrionale. Restiamo colpiti dal grigio delle colline, rivestite di pietra calcarea, verso cui ci stiamo avvicinando. Il tempo anche oggi fortunatamente si manterra' buono per l'intera giornata, i raggi del sole esaltano il verde della contea di Clare in cui abbiamo appena fatto ingresso. Chi ha fretta, una volta arrivato a Ballyvaughan, forse proseguira' dritto per raggiungere piu' velocemente Doolin. Il nostro consiglio e' pero quello di girare a destra per prendere la strada costiera, non si allunga poi di molto. Il motivo per cui vale la pena deviare e' che dopo qualche km si arriva a Black Head, un promontorio da cui si possono godere viste assai panoramiche. Mi e' rimasto impresso, lungo il tragitto, poco prima di Black Head, un punto in cui la strada scende verso il mare fino a quasi toccarlo. E' stato un attimo breve, ed emozionante perche' inaspettato: nessuna delle strade fino a quel momento percorse si era mai affacciata cosi' direttamente sull'acqua dell' oceano. Proprio dove la costa forma uno spigolo, c'e' un parcheggio per lasciare la macchina ed ammirare il panorama a 360º. Noi abbiamo preferito fermarci prima, sul tratto pianeggiante. Scavalcato un muretto si giunge ad una striscia di prato verde. Da qui non e' un problema spingersi verso il mare perche' le rocce sono agevolmente calpestabili.
Riprendiamo il cammino in direzione Doolin, passata Fanore la strada continua parallela rispetto alla costa per poi svoltare verso l'interno. Riconosciamo il sito delle Doolin Caves, grotte famose per una stalattite particolarmente grande, ma andiamo avanti ed in pochi minuti siamo a Doolin, uno dei centri piu' noti della contea di Clare. La sua fama e' dovuta alla vicinanza con le Cliffs of Moher ed al fatto che nei suoi pub si suoni la migliore musica folk irlandese. Purtroppo noi non ci ricordiamo che Doolin e' in realta composta da due villaggi differenti, Roadford e Fisherstreet. Ci limitiamo a fermarci al primo dei due, ignorando il secondo, che si trova piu' vicino al mare, e tralasciando quindi anche il porto. Per quanto riguarda Roadford, dove facciamo una sosta per prendere dei panini con cui pranzeremo piu' tardi, posso dire che appare come un piccolo e sparso agglomerato di case e soprattutto ristoranti e b&b. Sicuramente Fisherstreet e le serate nei pub, aspetti di Doolin che ci siamo persi, sarebbero piu' meritevoli di considerazione (lo teniamo presente nel caso di un futuro viaggio di nuovo da quelle parti).
Dopo Roadford quindi, svoltiamo subito a sinistra dove la strada inizia a salire. Infatti ci stiamo avvicinando alle Cliffs of Moher, che e' come se fossero colline mozzate dall'oceano (stiamo quindi portandoci al loro livello). Dopo alcune tornanti la strada riscende dritta verso l'enorme parcheggio creato per i visitatori. Il varco di accesso al parcheggio e' anche biglietteria, si paga 6 euro a persona. Da notare che questo costo comprende il parcheggio e l'entrata al Cliffs Exhibition, una mostra allestita dentro il visitor center. Per cui, riuscendo a trovare un parcheggio alternativo, sarebbe possibile visitare le Cliffs of Moher senza pagare alcun biglietto. In realta' non e' cosi' semplice, i punti in cui lasciare la macchina sono lontani dal parcheggio attrezzato e comportano inoltre uno scomodo tragitto a piedi verso la parte di scogliera piu' vicina. L'accesso turistico ufficiale, per cosi' dire, e' invece un ampio viale lastricato rapido da percorrere. Sulla destra, alla base della collina, e' situata la recente struttura comprendente il visitor center piu' ovviamente negozi e servizi vari per i turisti. Per quanto sia stata criticata, posso dire che non ha un impatto visivo troppo negativo, infatti e' come incastonata nel pendio. Noi comunque non entriamo, raggiungiamo subito la fine del viale. Il tratto di scogliere dove ora ci troviamo e' protetto da muretti per ragioni di sicurezza. Tali barriere non sono basse, per cui la prima visione che si ha delle Cliffs arrivando sul posto e' molto parziale. Per apprezzare lo spettacolo si deve salire, seguendo il percorso di destra oppure quello di sinistra. A destra un'ampia scalinata sale nel punto piu' alto delle scogliere, 214 metri per esattezza. E' forse anche il punto piu' celebre e riconoscibile, infatti sulla sua cima svetta la torre O'Brien. Ai piedi dell'imponente dislivello sorge invece, come una spada che emerge dal mare, il Breanan Mor, un pinnacolo roccioso che dona alle scogliere ancora piu' fascino. Inoltre e' da questo punto di maggiore altezza che si osserva, volgendo lo sguardo verso sud, l'intera fascia di scogliere snodarsi verso l'estremita' meridionale di Hag's Head. Come molti hanno giustamente constatato, la successione di pareti rocciose, che si sporgono maestose in fila, puo' sembrare una schiera di soldati giganti che fronteggiano l'oceano. Non e' ammissibile pero' lasciare le Cliffs of Moher senza aver toccato almeno in parte anche il percorso di sinistra. Infatti, dopo un tratto iniziale di cemento e barriere, e' possibile, anche se formalmente vietato, abbandonare l'area gestita dall'ente turistico per accedere alla parte restante, di proprieta' privata. Potrete cosi' vivere le scogliere nel loro aspetto piu' naturale e selvaggio, senza protezione e pestando la terra volendo anche a pochi centimetri dal precipizio. Fare l'intero cammino fino ad Hag's Head sarebbe troppo impegnativo (si tenga presente che le scogliere hanno un'estensione di 8 km), ma anche una breve passeggiata e' sufficiente per provare emozioni forti. Alcuni passaggi in effetti sono delicati, e la presenza di pozzanghere puo' costringere ad avvicinarsi al bordo piu' di quello che si vorrebbe. Tuttavia, come e' ovvio, non si rischia mai la vita, a meno di essere incoscienti (c'e' anche chi si siede con le gambe penzoloni sull'abisso!). Quello che e' certo e' la sensazione di vertigine, il brivido che ti prende non solo per la percezione dell'altezza, ma per lo smarrimento di fronte a qualcosa di enormemente grande, che quasi intimorisce.
Appagati da tanta meraviglia torniamo alla macchina e ci rimettiamo in moto per cercare un posto tranquillo in cui mangiare. Da lontano notiamo subito la Liscannor Bay, un'insenatura che si trova immediatamente a sud delle Cliffs of Moher. Il paesaggio che si mostra ai nostri occhi e' idilliaco, i raggi del sole filtrano attraverso le nuvole facendo risplendere il morbido manto verde che abbraccia l'oceano. Sostiamo presso il molo di Liscannon mangiando i panini che avevamo comprato a Doolin. Piu' che la vista del mare ci colpisce l'immagine di Lahinch, il maggiore centro abitato della baia, situato poco distante: una fitta rete di case bianche, tutte uguali, si sviluppa lungo le dolci pendenze su cui il paese e' adagiato. E' un aspetto diverso da quello solito dei villaggi irlandesi, sara' perche' Lahinch e' cresciuta fondamentalmente come centro di villeggiatura, rinomato in tutta l'Irlanda per la vicina spiaggia ed i campi da golf.
Finito il breve pranzo ripartiamo e passiamo proprio attraverso Lahinch, poi svoltiamo a sinistra verso l'interno. Risaliamo verso nord fino a raggiungere Lisdoonvarna, il paese dove passeremo la notte successiva. Prima di proseguire quindi spendiamo un po' di tempo per cercare il Lisdoon Guesthouse: non e' difficile trovarlo perche' si trova poco fuori Lisdoonvarna ma ben visibile sulla strada principale per Kilfenora. Volendo fare una classifica mettiamo questo b&b, l'ultimo nel quale soggiorneremo, al primo posto come qualita' generale e cortesia ricevuta. Le camere sono di media grandezza ma arredate con gusto ed originalita' (sono molto colorate). Il clima e' molto familiare, sembra quasi di essere ospitati nella stessa casa dei proprietari, peraltro molto simpatici, sin dal primo impatto. La colazione e' abbondante e varia, addirittura e' possibile scegliere, da un menu, fra 4-5 differenti tipologie (e vengono anche offerti dolcetti appena sfornati). Insomma, tante piccole attenzioni, molto gradite, non riscontrabili sempre e ovunque.
Lasciati i bagagli diamo avvio alla seconda parte della giornata, che sara' dedicata all'esplorazione della regione del Burren. Da Lisdoonvarna ci spostiamo a Kilfenora, sede del centro espositivo che illustra le peculiarita' geologico-naturalistiche del vasto tavolato calcareo. Lo evitiamo limitandoci ad un giro veloce del paese. Scopriamo, degni di nota, un negozietto di souvenir ben fornito ed un pub dalla facciata pittoresca. Da Kilfenora ci addentriamo nel Burren avanzando verso nord, lungo la direttrice piu' ricca di testimonianze. La prima attrazione che incontriamo e' il Leamaneh Castle, una casa fortezza la cui costruzione inizio' sulla fine del XV secolo. Dall'aspetto un po' tetro e decadente, si fa apprezzare fra l'altro per le finestre elegantemente lavorate. Procediamo oltre fino a raggiungere il successivo sito, vale a dire il Caherconnell Stone Fort, un forte circolare ben conservato. L'ingresso e' a pagamento: nelle vicinanze del forte si trova un negozio dove comprare i biglietti. Dal negozio parte un sentiero che porta rapidamente alla costruzione in pietra a forma di anello. Poiche', visto da lontano, non ci sembra interessante, decidiamo che non vale la pena spendere i soldi del biglietto. Facciamo un ulteriore km ed arriviamo presso il Poulnabrone Dolmen, che rappresenta certamente l'emblema della regione del Burren, di cui domina il paesaggio (e' il dolmen irlandese piu' conosciuto e' visitato). Risalente al periodo neolitico, e' in pratica una struttura costituita da una lastra di pietra orizzontale sostenuta da tre lastre verticali. Migliaia di anni fa, completamente interrato, svolgeva la funzione di tomba (come dimostrano i resti e gli oggetti ritrovati nel suolo). Molto meglio in foto che dal vivo (ce lo aspettavamo diverso), e' comunque situato in un'area davvero suggestiva. E' qui che vediamo e tocchiamo il cuore del Burren, e comprendiamo appieno le caratteristiche di tale ragione. Ci muoviamo infatti sopra un pavimento di rocce piatte ma irregolari, che si estendono per tutto l'orizzonte visivo, rendendo l'idea di un paesaggio quasi lunare. La bellezza di queste rocce e' che sono tagliate da sottili fessure, all'interno delle quali sorge l'unica vegetazione del posto: si tratta spesso di fiori colorati che vivacizzano il colpo d'occhio. Dopo aver scattato molte foto (il Burren ci piace piu' del previsto, e ci sorprende che ci siano cosi' pochi turisti in giro, di italiani non vediamo nessuno), lasciamo il Poulnabrone Dolmen per rimetterci sulla strada che stavamo percorrendo. Ad un certo punto vediamo sulla destra l'ingresso alla Ailwee Cave, la piu' spettacolare delle caverne della regione, ma siamo oltre l'orario di chiusura, per cui andiamo avanti. Dopo qualche minuto la strada si piega per formare piu' tornanti, ci troviamo su un'altura: la posizione qui e' ottimale per osservare le colline del Burren che, con la loro mole, ci nascondono la costa.
La strada quindi scende, per risalire poi con nuove curve. Stiamo ora ritornando verso Lisdoonvarna, chiudendo cosi' a cerchio quel percorso che avevamo iniziato nel primo pomeriggio. Lisdoonvarna e' un quieto villaggio, potrebbe essere definita come la capitale del Burren anche se non ha meriti particolari (turisticamente e' avvantaggiata dal fatto di essere vicina alle Cliffs of Moher). E' pero' centro termale e sede dello stravagante Match-maker Festival, un evento che ogni anno raduna single alla ricerca dell'anima gemella. Il centro di Lisdoonvarna e' una piazza squadrata, abbastanza semplice, dove si affacciano vari locali. Anche la strada che attraversa il paese e' piena di locali su entrambi i lati. La cosa curiosa e' che qui non sembrano esserci i classici pub, piuttosto ci sono generici ristoranti, piu' ho meno anonimi (spesso sono ristoranti d'albergo). Con soddisfazione riscontriamo che a Lisdoonvarna la promessa di musica dal vivo e' mantenuta, tutti o quasi i locali la propongono, pubblicizzandola largamente. Fra le varie opzioni scegliamo il Rathaun Hotel dove veniamo accolti in un ampio e buio salone, al piano terra dell'albergo, che funge da pub-ristorante. Gentili e giovani ragazze si alternano a servirci, altre ragazze (si fanno chiamare Ceolan) si esibiscono suonando e cantando motivi tradizionali irlandesi. Sembra che qui il turista venga molto coccolato. In realta' il salone si riempie quasi esclusivamente di gente del posto, e questo comunque fa apparire il tutto piu' autentico. Tuttavia si trattava di gente molto composta, da una situazione del genere mi sarei aspettato danze sfrenate che invece non ci sono state. Le serate musicali degli abitanti di Lisdoonvarna ci sono sembrate piu' malinconiche che allegre. Finiamo il cibo (non eccezionale) molto rapidamente, poi continuiamo a seguire il concerto ma andiamo via prima della fine facendo ritorno al Lisdoon Guesthouse.

Cliffs of Moher

15/08/11

Ultimo giorno di viaggio, si abbandona l'ovest per fare ritorno a Dublino. Partiamo da Lisdoonvarna ed attraversiamo una parte del Burren non visitata nella giornata di ieri. A Corofin svoltiamo verso nord seguendo la direzione per Gort. Non ci fermiamo mai ad eccezione di quando troviamo lungo la strada un piccolo lago, il Bunny Lough, una striscia d'acqua calma e desolata, che ci invoglia a sostare. Giusto il tempo di scattare qualche foto, infatti dopo due giorni di tempo gradevole e' ritornato a piovere incessantemente. Dopo alcuni km vediamo comparire a sorpresa l'antico sito monastico di Kilmacduagh (eravamo a conoscenza che si trovava nella zona, ma non sapevamo la posizione precisa). Subito dopo Glendalough e Cloncmanoise per importanza (quest'ultimo visitato nei primi giorni della vacanza), Kilmacduagh e' un complesso simile seppure sia meno esteso ed abbia una collocazione paesaggistica non all'altezza degli altri. Tuttavia e' consigliabile fermarsi per ammirare la pregevole cattedrale (rimasta priva di tetto, come si verifica spesso nelle costruzioni piu' antiche che si incontrano in Irlanda) con la vicina torre circolare, di cui si puo' notare l'accentuata pendenza (il resto e' costituito da un cimitero che circonda la cattedrale e la torre e da edifici secondari un po' in disparte). Quei pochi a cui capita di attraversare la contea di Clare percorrendone l'interno (ovvio che le Cliffs of Moher e Doolin richiamano tutti verso la costa) non dovrebbero lasciarsi sfuggire l'opportunita' di visitare Kilmacduagh.
Non dobbiamo avanzare di molto per arrivare a Gort, centro ai margini del Burren (siamo di nuovo nella contea di Galway). Qui troviamo finalmente una banca con sportello automatico dove ritiriamo contante. L'avevamo cercato inutilmente durante la giornata precedente: anche se puo' sembrare strano nell'area circostante Lisdoonvarna non sorgono banche per decine e decine di km. E' un particolare da tenere in considerazione nello svolgimento del viaggio: quando ci si sposta in regioni scarsamente abitate, se occorre un distributore di benzina o una banca appunto, meglio pensarci per tempo perche' ci si potrebbe ritrovare a lungo senza questi servizi. Vediamo Gort di passaggio, ci colpisce perche' e' piuttosto grande se paragonata agli altri paesi che abbiamo conosciuto nei giorni precedenti. Il centro abitato comunque non offre particolari elementi di interesse, chi passa da queste parti disponendo di maggior tempo potrebbe pero' esplorare i dintorni associati alla vita del poeta William Butler Yeats. Poco lontano da Gort si erige Thoor Ballylee, casa torre che fu residenza del poeta. In una posizione non distante si trova pure il Coole Park, una tenuta che fu di proprieta' di Lady Gregory, presso la quale il poeta, e altri illustri letterati irlandesi dell'epoca, usavano spesso radunarsi.
Superata Gort ci inoltriamo sempre di piu' nella contea di Galway. Dedichiamo una veloce sosta a Loughrea, sulla sponda del lago osserviamo divertiti anatre e cigni dondolare sull'acqua mossa dal vento. Da qui optiamo per una piccola deviazione verso Bullaun. Arrivati quasi al termine della vacanza abbiamo toccato tanti aspetti dell'Irlanda ma uno in particolare e' rimasto fuori: quello delle testimonianze della civilta' celtica che si sviluppo' sull'isola piu' di duemila anni fa. Per questo intendiamo raggiungere la Turoe Stone nei pressi di Bullaun: una pietra decorata con motivi a spirale a rilievo, secondo lo stile celtico che prende il nome di La Tene. Purtroppo la nostra vacanza si concludera' senza aver visto nulla di ispirazione celtica, infatti troveremo la Turoe Stone chiusa per lavori all'interno di una struttura in legno (e' in tale situazione gia' da diversi anni, avremmo poi scoperto, peccato che le guide, anche le piu' aggiornate, omettono di citare cio'). Poiche' la pietra e' collocata nel contesto di un parco, il Turoe Pet Farm, ci dobbiamo accontentare di vedere qualche animale, in un'area attrezzata pensata per i bambini, simile ad una fattoria. Ripartiamo prendendo definitivamente la strada verso est, e, senza attraversarla, passiamo accanto ad Aughrim, nota per essere stata la sede di una battaglia, avvenuta sul finire del secolo XVII, molto importante nella storia dell'Irlanda. Decidiamo invece di fermarci nella non molto lontana Ballinasloe, per cercare un supermercato in cui fare un po' di spesa e spedire le cartoline (evitando di rinviare ancora e dimenticarci definitivamente). Non ci pentiamo della sosta, la cittadina e' simpatica e gradevole. Facciamo due passi nella piazza rettangolare, con tanti negozi, antistante la St Michael Church.
Da Ballinasloe quindi prendiamo l'autostrada M6, oramai rassegnati a fare ritorno a Dublino da dove prenderemo l'aereo per casa l'indomani, di prima mattina. All'altezza di Athlone scegliamo di pranzare velocemente presso un'area di servizio (curiosamente queste, in Irlanda, non si trovano ai margini della carreggiata ma al termine dello svincolo, quindi occorre uscire dall'autostrada per poi rientrare). Da Athlone in poi percorriamo in senso inverso il tratto sul quale abbiamo viaggiato il primo giorno con la macchina quando abbiamo lasciato Dublino, quindi l'autostrada M6 fino a Kinnegad, poi dritti con la M4 fino al raccordo M50 che abbraccia la capitale. A questo punto, invece di andare all'aeroporto, ed organizzarci per la serata e su come passare la notte (non avevamo prenotato nessun albergo), riteniamo di poterci recare agevolmente ad Howth, a nord di Dublino. Infatti ci avanza del tempo e sapevamo che dal faro di Howth si puo' godere di una bellissima vista sulla Dublin Bay. Purtroppo commettiamo una serie di errori. Pensiamo che Howth sia un tranquillo villaggio distaccato dall'area metropolitana di Dublino, in realta' e' un sobborgo periferico integrato nella citta': ci ritroviamo imbottigliati nel traffico dei pendolari, in strade caotiche e piene di semafori. Quando arriviamo a Howth e' tardi e necessitiamo di cibo e bagno. Cerchiamo disperatamente un posto in cui mangiare che abbia servizi igienici a disposizione e cio' non e' affatto facile (quasi tutti i locali sono chiusi). Troviamo finalmente una pizzeria, ma una volta finito ci rendiamo conto che non abbiamo piu' voglia di camminare (fra l'altro sta piovendo). La nostra visita di Howth si riduce quindi ad un breve giro del porto. Anche se da lontano, vediamo il faro e, sullo sfondo, Ireland's Eye, una piccola isola disabitata situata proprio di fronte il promontorio di Howth. Realizziamo che il faro che intendevamo vedere, che poi avremmo scoperto chiamarsi Baily Lighthouse, e' distante da noi. Se avessimo saputo dall'inizio la sua posizione esatta, forse avremmo evitato di raggiungere Howth per andare direttamente all'aeroporto. Infatti Howth ed il faro di Baily si trovano alle due estremita' opposto del promontorio, il primo a nord, il secondo a sud. Quest'ultimo non e' accessibile con la macchina ma richiede di percorrere dei sentieri a piedi. In conclusione una visita ad Howth richiede molto tempo, non e' pensabile farla di sfuggita.
Ci rimettiamo in moto ed abbandoniamo Howth ma gli imprevisti non sono finiti. Con il serbatoio a secco sbagliamo ad impostare la destinazione aeroporto sul navigatore e ci ritroviamo involontariamente in pieno centro, vicino a O'Connell Street! Fra il diluvio ed il traffico impazzito non sappiamo come abbiamo fatto a ritrovare la strada giusta ed a giungere infine all'aeroporto. Escludiamo la possibilita', che pure avevamo valutato, di dormire all'interno dell'aeroporto e prendiamo una camera presso il Clarion Hotel, l'albergo piu' vicino (servito da una navetta). Quindi consegniamo la macchina all'Hertz (che non ci contesta nulla riguardo graffi o altro) e ritorniamo in camera dove ci addormentiamo presto. La mattina sveglia all'alba e partenza, dai finestrini dell'aereo salutiamo l'isola di smeraldo, promettendo di rivederci presto!

Burren

martedì 31 maggio 2011

Whiskey in the Jar

Canzone folk irlandese, Whiskey in the Jar ha raggiunto la massima celebrita' grazie all'interpretazione che ne e' stata fatta dai Metallica nel 1998 (la band vinse anche un Grammy per il migliore pezzo hard rock nel 2000). La versione dei Metallica in realta' fu una cover, seppure rivista con toni piu' heavy, della canzone di successo dei Thin Lizzy dei primi anni '70. Fra le due versioni non esistono in pratica differenze di testo, come vedremo piu' avanti. La band "classic rock" irlandese realizzo' con Whiskey in the Jar uno dei suoi pezzi piu' famosi, paragonabile ad altri brani quali Jailbreak e The Boys Are Back in Town. Andando un decennio piu' indietro, gli amanti del folk irlandese ebbero modo di apprezzare le varie registrazioni di Whiskey in the Jar eseguite dai Dubliners, lo storico gruppo di musica tradizionale irlandese che inizio' a farsi conoscere suonando nei pub di Dublino. Ovviamente, procedendo ancora piu' lontano nel tempo, piuttosto che nelle incisioni troviamo testimonianze della canzone nella cultura musicale, orale e scritta, popolare. 
La datazione delle origini non e' precisa, genericamente pero' e' plausibile parlare del XVII secolo come periodo di riferimento. A quell'epoca infatti e' documentata la diffusione di ballate che narravano di banditi di strada ("highwaymen") che derubavano gli inglesi, funzionari, ufficiali o ricchi proprietari terrieri, e che per questo venivano visti favorevolmente dai ceti piu' umili. La citazione dello spadino ("rapier") nel testo, inoltre, confermerebbe questa ipotesi temporale. Per gioco mi sono divertito in una traduzione senza pretese del testo della versione dei Metallica che riporto qui sotto.

Mentre stavo attraversando le montagne di Cork e di Kerry,
Vidi il capitano Farrell che stava contando il suo denaro,
Prima gli mostrai la pistola e poi gli mostrai la spada,
E dissi "Fermo e sgancia o il diavolo potrebbe portarti via"

Yeah

Presi tutto il suo denaro e fu un bel bottino
Presi tutto il suo denaro, yeah, e lo portai a casa da Molly
Lei giuro' che mi avrebbe amato, no, non mi avrebbe mai lasciato
Ma il diavolo prese quella donna, yeah, non sapete quanto bene mi inganno'

Possa piovere se son forte,
A mio padre questa notte,
A mio padre questa notte,
c'e' ancora whiskey nella botte

Stanco ed ubriaco me ne andai nella camera di Molly
Portando con me il denaro mai avrei immaginato il pericolo
Dopo circa sei o forse sette ore di cammino, yeah, era piombato li' Farrell
Saltai in aria, feci esplodere le mie pistole, e lo centrai con entrambi i colpi, yeah

Possa piovere se son forte, yeah-yeah
A mio padre questa notte,
A mio padre questa notte,
c'e' ancora whiskey nella botte

Yeah, whiskey
Yo-ooh, whiskey

Yo-ooh, yeah, ooh
Yo-oo-ooh, yeah

Ora ad alcuni piace la pesca e ad altri piace la caccia
Ed a qualcun altro piace ascoltare, ascoltare il rombo dei cannoni
A me piace dormire, specialmente nella camera della mia Molly
Ma qui sono in prigione, qui sto legato ad una palla ed una catena, yeah

Possa piovere se son forte, yeah-yeah
A mio padre questa notte,
A mio padre questa notte,
c'e' ancora whiskey nella botte, yeah

Whiskey nella botte, yeah

Possa piovere se son forte
Possa piovere se son forte, hey
Possa piovere se son forte
Possa piovere se son forte
Yeah


Ovviamente il ritornello, dato il suo carattere astratto che fa leva sul suono delle parole piuttosto che sul loro significato ("Musha rain dum-a do dum-a da") e' stato liberamente interpretato e messo in rima (piu' o meno). Notare che il verbo "rain" compare solo nel testo dei Metallica, la versione dei Thin Lizzy riporta "ring" e fra l'altro se ne differenzia solo per questo. Le versioni tradizionali sono piu' varie, sia riguardo i termini geografici (comunque tutti relativi all'Irlanda meridionale) che i nomi propri delle persone. La trama e' semplice e ben delineata in ogni versione, a parte pochi dettagli: il protagonista, in viaggio, incontra il capitano Farrell (o colonnello Pepper) e lo deruba dei suoi soldi; con il bottino torna dalla propria donna Molly (o Jenny), amante o moglie non sappiamo; questa pero' lo tradisce, mandando a chiamare lo stesso capitano che, arrivando nella notte, lo sorpende nel sonno e lo fa arrestare. I Metallica ed i Thin Lizzy ci raccontano che il brigante riesce a sparare e colpire Farrell, quindi immaginiamo che subito dopo venga bloccato dalla guardie che accompagnavano quest'ultimo. Nello stesso testo, una volta in prigione, rimpiange le dolci languidezze dei momenti passati trascorsi con la sua Molly, nonostante l'inganno compiuto da lei (facendocela pensare qui piu' ad un'amante quindi che ad una moglie).
Il testo originale aggiunge qualcosa in piu'. Il protagonista non riesce a sparare perche' le canne delle sue pistole sono state riempite d'acqua da Molly. In prigione auspica l'intervento di un suo compare che possa liberarlo. Rimpiange non Molly in particolare, ma tutte le fanciulle che si dilettava a corteggiare. E oltre a queste, curiosamente per un brano che porta il whiskey nel titolo, il succo d'orzo ("juice of the barley"), vale a dire la birra. Insomma, una canzone da ascoltare per la sua ironica leggerezza e come opportunita' per avvicinarsi al folk irlandese, genere che testimonia l'allegria e la vivacita' di un intero popolo.